Regione Lombardia: BOCCIATO “ABORTO AL SICURO”
26 Febbraio 2021
BOCCIATO “ABORTO AL SICURO”
I dati smentiscono che i medici obiettori rallentino l’operatività abortiva
Federvita Lombardia prende atto con soddisfazione dello stop alla proposta di legge n. 76/2019, avvenuto in Regione Lombardia, nei giorni scorsi.
La proposta di legge “Aborto al sicuro”, definita popolare ma che di fatto ha raccolto firme solo tra i sostenitori della galassia dei partiti di “sinistra”, mirava ad introdurre a livello regionale una serie di soluzioni, in contrasto con la L. 194/78, per facilitare ulteriormente l’aborto, sostanzialmente in 4 direzioni.
Prima: la creazione di un Centro Regionale di informazione e coordinamento, con il compito di facilitare l’applicazione della Legge 194/1978 denunciando i medici obiettori come freno all’operatività. Seconda: consentire la possibilità che “i farmaci prescritti per l’interruzione farmacologica della gravidanza fossero proposti e somministrati anche nei consultori familiari”. Terza: prevedere “il ricovero in giornata delle donne che scelgono l’interruzione farmacologica della gravidanza”. Quarta: consentire il fatto che “alle donne che abortiscono vengano offerti dall’ospedale farmaci e dispositivi contraccettivi, compresi quelli a lungo termine reversibili, quali i dispositivi intrauterini al rame o medicati e gli impianti sottocutanei”.
La bocciatura viene accolta positivamente dal prof. Massimo Gandolfini, Presidente di Family Day che aveva perorato la causa. “Riteniamo che questo esito positivo sia frutto anche del nostro lavoro” ricorda Gandolfini “nelle audizioni, alle quali abbiamo preso parte con altri esperti, abbiamo fornito dettagliata documentazione che, dati alla mano, smentiva la premessa (della pdl regionale), e abbiamo evidenziato come la proposta fosse non solo inutile, visto che dava per assodata un’emergenza inesistente, ma anche dannosa nel prevedere l’incentivazione dell’aborto farmacologico e l’abolizione dell’obbligo di ricovero, privatizzando e rischiando di banalizzare così il dramma dell’interruzione volontaria di gravidanza.”
Lo fanno sapere il consigliere Max Bastoni ed Emanuele Monti, Presidente della III Commissione Sanità della Regione, che ha ringraziato le Associazioni (Movimento per la Vita, Comitato difendiamo i nostri figli e Giuristi per la Vita) con l’avv. Gianfranco Amato che nell’audizione del 4 dicembre 2019 a Palazzo Lombardia in Commissione, hanno tutelato, i diritti della vita nascente fornendo significativi dati ed elementi di carattere scientifico, giuridico, medico e sociale, derivanti dall’esperienza pluridecennale, sul campo, delle stesse.
Per Federvita Lombardia, presente all’audizione del 2019, ha portato la sua esperienza Vittoria Criscuolo, Presidente del CAV-Centro di Aiuto alla Vita di Varese. In maniera accorata ha testimoniato e dimostrato, tra l’altro, come della Legge 194, non viene sviluppato e dato poca applicazione all’articolo 1 quando dice che la legge non è un mezzo di controllo delle nascite e l’articolo 2 (punto d) quando dice che i consultori devono contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. La Legge 194, lo ricordiamo, ha per titolo “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Il consultorio non deve limitarsi a mandare (nei casi più fortunati) le donne ai Cav ma affrontare e cercare di superare le cause (art. 2 punto D) che inducono ad abortire. Per il Movimento per la Vita Italiano è stato presente il Vice-Presidente Pino Morandini, già magistrato, che ha giuridicamente motivato l’opposizione al pdl in esame.
Criscuolo (coautrice dello studio presentato allora in regione insieme a Difendere la vita con Maria) ha evidenziato l’indifferenza di fronte alle reali e più diffuse motivazioni all’aborto procurato, cioè la prevalenza delle cause economiche: il 70% delle donne! Quelle che vengono al CAV se aiutate (magari con le provvidenze del Progetto Gemma) proseguono la gravidanza.
Elisabetta Pittino, Presidente di FederVita Lombardia-APS, si rallegra “di questa decisione di ragione e di giustizia che si pone come argine agli attacchi, sempre più aggressivi, contro le donne, fatti da certe correnti ideologiche, e contro le bambine ed i bambini concepiti”.
Questa vittoria del fronte pro-life lombardo dimostra che gli amministratori politici non devono ragionare solo in termini ideologici (di destra o sinistra) impoverendo il dibattito e rischiando di far soccombere la verità come in questo caso.
Dimostra anche che bisogna essere presenti, dati ed esperienze alla mano, ogni volta che c’è la possibilità di far conoscere le nostre attività a favore della vita nascente e delle donne. Unendo le forze delle varie associazioni pro-life nella buona battaglia è possibile far vivere (e vincere) la verità e la vita.