“Autorizzati” a voler bene al bimbo concepito

La presente riflessione nasce dalla constatazione che tuttora si considera il nascituro concepito quale emblema dell’emarginazione, il totalmente ultimo: egli non conta e non ha voce. Basti pensare alla richiesta sempre più pressante, anche da una parte della dottrina giuridica, dell’utilizzo degli embrioni in sovrannumero, crioconservati ed in abbandono, per la ricerca scientifica, con la conseguente inevitabile distruzione. Eppure il concepito è l’uomo alla sua origine. La biologia inconfutabilmente afferma che la vita umana inizia con il concepimento.

Per l’ordinamento italiano vale il richiamo agli articoli 2 e 3 della Costituzione. Le garanzie costituzionali, ivi stabilite, del riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo e della continuità del suo sviluppo senza alcuna discriminazione, si fondano sul diritto alla vita, diritto che si iscrive tra quei diritti che appartengono alla essenza dei valori supremi dell’umanità (Corte Costituzionale – sentenza n. 35 del 1997). In effetti il diritto alla vita di ogni essere umano è il principio basilare di ogni ordinamento giuridico. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo all’art. 3 afferma: “ogni individuo ha diritto alla vita”. Il diritto alla vita compete al nascituro concepito, che è una persona come noi, e non una cosa.

Affermando la dignità, e quindi il diritto inviolabile a vivere del concepito, non cerchiamo di salvare solo la vita nascente, ma anche noi stessi, le nostre speranze umane di pace, giustizia e vera libertà.
Infatti, nulla è più sicuro se l’uomo perde il senso della sua vita.

Per ricreare il tessuto connettivo dei valori etici che sorreggono una giusta convivenza civile, occorre ripartire dalle fondamenta, e cioè dal primato della vita umana.
Tenterò un suggerimento: per ottenere il consenso etico-civile sul valore della vita bisogna far crescere la fiducia nella vita stessa. E questo lo si fa soprattutto con l’amore fraterno. Si deve riscoprire la solidarietà cristiana.
Con lo spirito di amore e di solidarietà è certamente possibile prevenire o rimuovere le difficoltà che inducono la madre a non tenere il bambino che porta in grembo, come è possibile evitare il gesto disperato di chi tenta il suicidio o richiede che gli sia tolta la vita, ritenendo di non aver più ragioni di esistere.
La solidarietà fraterna può far scorgere vari modi perché si abbia fiducia nella vita.

Il messaggio che si intende dare è rivolto in particolare ai Centri di Aiuto alla Vita ed ai Movimenti per la Vita associati al Movimento per la Vita Italiano. Quest’ultimo, nella sua azione incessante (da più di 45 anni), accredita il precetto evangelico dell’amore verso l’altro, con l’attenzione affettuosa e la tenerezza dello sguardo verso la madre ed il figlio, chiedendo, da sempre, alle sue Associazioni di:

  • promuovere l’accoglienza delle madri in difficoltà per la gravidanza, con azioni che si svolgano non tanto con la migliore assistenza, ma con lo spirito e la cura di condividere problemi ed ostacoli. La solidarietà fraterna si fa condivisione al fine di vedere il sorriso del bambino che, dopo la gestazione, viene alla luce;
  • offrire alla madre, che ne ha bisogno, ospitalità, prima e dopo il parto, presso le Case di Accoglienza del Movimento per la Vita, presso Comunità idonee ed anche, ove famiglie si rendano disponibili per il nascituro concepito e la sua mamma, presso questi angeli della carità.
    (Mi sovviene, a questo punto, che la tenerezza verso il bimbo concepito viene anche da un sorriso, un augurio, da un abbraccio alla mamma in attesa dalla vicina di casa, dalla ex compagna di scuola, dalla collega di ufficio, così come è bello vedere, quando il bimbo è già nato, gente che si sofferma vicino alla carrozzina e, come capita, aiuta a far salire sul tram mamma, bimbo in passeggino, e magari l’altro fratellino che accompagna.
    Tutto questo, sono sicuro, ricrea il consenso etico-civile sulla maternità e sul concepito nascituro);
  • offrire aiuto nella ricerca del lavoro per la madre o per il padre, ove anche questi sia disoccupato;
  • offrire aiuto ai genitori in caso di nascita del bambino handicappato o malato;
  • far conoscere e valorizzare i Consultori familiari di ispirazione cristiana.

È bene evidenziare che tutte le opere sopra indicate possono essere attuate, indipendentemente dal ricorso alle associazioni suddette, dalle persone di buona volontà, sia singolarmente, sia in collaborazione con altri, sia partecipando a qualsivoglia cooperazione sociale per il bene comune.
Infine, si rende opportuno il riferimento ai Consultori Familiari istituiti con la Legge 29 luglio 1975 n. 495. L’argomento merita ampia trattazione; non è questa la sede, tuttavia è bene fare, di seguito, un breve cenno, riservando di ritornare in merito.

I Costituenti all’art. 31 Cost. hanno previsto misure economiche e provvidenze per la formazione delle famiglie e l’adempimento dei relativi compiti, ed al secondo comma, art. 31, hanno sancito il principio della pari tutela della maternità e della filiazione.
Il legislatore ordinario, in adesione al disposto costituzionale, con la predetta Legge n. 495/1975, all’art. 1, lett. c), ha stabilito che il consultorio familiare ha il dovere di provvedere alla protezione della maternità e del concepito nascituro.
La suddetta norma prevede il diritto alla salute sia della madre che del figlio concepito. Tale statuizione chiaramente attribuisce la soggettività di ordine giuridico al nascituro concepito, il quale, quindi, è persona come la madre: questo è l’insegnamento della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 17811 dell’8 agosto 2014.
Nel rapporto di maternità, dunque, vige il principio costituzionale della pari tutela della madre e del figlio nascituro concepito, pienamente accolto nella legislazione del lavoro a riguardo della donna lavoratrice, durante la gravidanza.

In gravissimo contrasto con la tutela accordata dalla Carta Costituzionale al concepito con il riconoscimento del diritto alla vita, allo sviluppo nel seno della madre, ed a nascere, si pone la Legge 194/1978 che ha introdotto l’aborto volontario, con la conseguenza del venir meno del figlio nascituro concepito e della stessa maternità.
Nella predetta legge, agli artt. 2, 4 e 5, si prevede l’intervento dei Consultori Familiari pubblici, chiamati a svolgere attività al fine di evitare l’aborto. Tale funzione si rileva in particolare dal disposto dell’art. 2, secondo il quale l’assistenza alla donna in stato di gravidanza si effettua con:

  • l’informazione “sui diritti a lei spettanti” per le normative statuali e regionali, nonché “sui servizi sociali, sanitari e assistenziali” che effettivamente sussistono nel territorio e sulle modalità per ottenerne il rispetto;
  • l’attuazione diretta, o con proposta all’ente locale competente, o alle strutture sociali operanti nel territorio, di “speciali interventi” per la soluzione di problemi insorti alla donna per “la gravidanza e la maternità”, ove risultino inadeguati i normali interventi di cui sopra;
  • la doverosa e completa azione per “far superare le cause che potrebbero indurre la donna alla interruzione della gravidanza” (art. 2, comma 1. lett. d). È proprio quest’ultimo lo scopo dell’opera che deve svolgere il Consultorio Familiare pubblico.

Le norme degli articoli 4 e 5 Legge 194/78 richiedono ai Consultori una presenza nell’iter abortivo, con il fine precipuo di dissuadere la donna dall’intento di interrompere la gravidanza. Tale finalità consente di ritenere, a riguardo del periodo dei primi novanta giorni di gestazione, “necessari” gli “accertamenti medici” sulla esistenza del serio pericolo per la salute della donna.
Non sfugge, poi, alla interpretazione, ed alla attuazione del disposto dell’art. 5, comma 1, il fatto che proprio al colloquio, obbligatorio, del Consultorio con la donna è affidata la protezione della vita del concepito che si ottiene rimuovendo il proposito della madre di abortire mediante l’offerta di “possibili soluzioni” dei problemi esposti e con l’aiuto ad eliminare le cause che potrebbero portare all’aborto.
Sul punto si evidenzia che la legge all’art. 5, comma 1, riconferma quanto già previsto nell’art. 2, comma 1, lettera d) per l’assistenza alla donna incinta, cioè il Consultorio deve “aiutarla a rimuovere le cause che la poterebbero alla interruzione della gravidanza”.
Il Consultorio, inoltre, deve “sostenere la donna, dandole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”.
Dal conciso esame della funzione dei Consultori Familiari in tema di aborto volontario può trarsi il convincimento che lo Stato, mentre ha rinunziato a punire l’aborto volontario (in presenza dei casi e delle determinate modalità, come stabilito dalla Legge 194/78), tuttavia non recede dalla tutela del nascituro concepito. In merito la funzione affidata ai Consultori è di particolare importanza, e, perciò, deve essere svolta compiutamente, con il massimo impegno e con l’obbiettivo preciso ed irrefutabile di salvare il nascituro concepito, evitando l’aborto.
Resta, pertanto, incomprensibile, e comunque contraddittorio con il suddetto compito di preservare la vita del concepito, il disposto dell’art. 5, ultimo comma, L. 194/78, che prevede il rilascio del documento per l’interruzione della gravidanza, anche da parte del Consultorio. Infine devesi ribadire che con la legge 194/78 si è violato il diritto alla vita del nascituro concepito che è persona ed ha pari dignità e pari tutela costituzionale come ogni altro essere umano, e che viene sacrificato non solo per salvare la vita della madre, ma anche per il pericolo per la salute, fisica e psichica, della stessa. Il bene sommo è la vita, ed ha la massima tutela nella Costituzione, che non ne consente la soppressione.

Il principio della difesa del nascituro concepito deve permeare la comunità civile per la salvaguardia della sua stessa esistenza nella continuità della tradizione e cultura a favore della vita e non della morte.
Tale compito è proprio dei Movimenti per la Vita, la cui azione può svolgersi in rete con le altre Associazioni pro-vita e, in particolare, con Scienza e Vita e con il Forum della Famiglie; – non si dimentichi che per la costituzione dei predetti sono stati determinanti l’impulso e l’aiuto dati dal Movimento per la Vita Italiano.

Per l’attuazione del suddetto impegno si può suggerire quanto segue.
In primo luogo necessita una profonda relazione fra i soci, di amicizia fraterna e di dialogo, da tenersi con costante periodicità, oltre le varie occasioni di incontro per gli interventi programmati; ciò consente lo schietto scambio di idee, punti di vista e proposte per le iniziative da diffondere.
Il contenuto dell’opera da svolgere, in sintesi, si racchiude nella riproposizione dei valori fondamentali della vita e per tale fine necessita risvegliare la coscienza morale sopita dall’egoismo edonistico, ed avversata dalla c.d. autodeterminazione elevata ad unica misura del proprio agire.
Il perno dell’azione dei Movimenti è, per il periodo che stiamo vivendo, la salvezza del nascituro concepito. Prioritaria, quindi, è la diffusione, anche a livello capillare, delle certezze affermate dalla scienza biologica, e da quella medica, e cioè che, dopo la fecondazione, il nascituro concepito è l’uomo al suo inizio, un soggetto unico ed irripetibile, che svilupperà autonomamente il progetto, al quale Dio Creatore, Signore della vita, lo ha chiamato, e che per l’ordinamento giuridico è (ripetesi) persona di pari dignità con ogni altro essere umano.
La missione assunta dai Movimenti per la Vita richiede consapevolezza e studio sulle tematiche connesse con l’obiettivo suddetto: sana educazione alla sessualità; matrimonio; la famiglia e, attese le modalità attuali di convivenza, la famiglia di fatto; la procreazione naturale e quella medicalmente assistita, omologa ed eterologa; embrioni in sovrannumero, crioconservati ed in abbandono; la maternità e la gravidanza; la filiazione, adozione ed affido; l’aborto volontario ed il post-aborto; abrogazione della legge 194/78, o sostanziali modifiche specie al riguardo dei primi 90 giorni di gestazione; nuova legge per i Consultori Familiari pubblici.

Infine, ma di pari rilievo, la proiezione sulla comunità civile della difesa della vita dell’uomo dal concepimento al naturale spegnersi, con gli strumenti, specie recenti, della comunicazione sociale; occorre affidarsi agli esperti. Ricordo il (vecchio) modo di farsi sentire accreditando nell’opinione pubblica l’amore dei genitori ed il sorriso del bambino, ma anche il calcetto sul ventre materno del bimbo in grembo; si suggerisce di:

  • diffondere lo stupendo libretto di Lucia Barocchi “La vita umana prima meraviglia”; si è sempre distribuito, ma occorre ripeterne, sempre, la divulgazione;
  • ricorrere alle radio e televisioni locali;
  • dotare le biblioteche civiche, nonché quelle delle Parrocchie e delle Scuole Cattoliche, delle pubblicazioni a difesa della vita;
  • incontri culturali su fatti emergenti, e su argomenti, anche in passato toccati, ma tuttora efficaci per convincere sul bene e sulla bellezza della vita.

Avv. Franco Vitale
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